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L’Italia è il paese in cui la fecondazione eterologa costa troppo: ecco che alcune donne si affidano a Facebook, a proprio rischio e pericolo

I diritti non bisogna soltanto averli, bisogna reclamarli: questa è la vergogna italiana. Dopo una sentenza della Corte Costituzionale e le parole di Beatrice Lorenzin, sembra fatta per tutte quelle donne che volessero avviare un protocollo di fecondazione eterologa: ebbene, basta farsi un giro su internet per scoprire che la maggior parte dei centri che dovrebbero effettuare questa tipologia di interventi sono inattivi e che quelli che sono attivi, invece, presentano dei costi mediamente insormontabili per una donna ‘normale’. Se si predetermina un diritto, bisogna dare anche la possibilità di ‘agirlo’: avere il diritto alla fecondazione eterologa, ma non poterla effettuare per i costi troppo elevati e per l’assenza di centri attrezzati, significa non avere quel diritto. Un po’ come la questione dell’aborto: quando la maggior parte dei medici si dichiara obiettore di conoscenza (nella stragrande maggioranza dei casi per fare carriera in istituzioni mediche tenute da ordini religiosi più che per reale scrupolo) ed è quasi impossibile trovare una struttura che lo permetta, significa non avere più quel diritto.

Fare sesso per regalare la vita: la nuova moda di Facebook. E così sono nati molti gruppi Facebook in cui uomini, generalmente tra i 30 e i 40 anni, hanno deciso di compiere un’azione di civiltà e misericordia (come alcuni di essi sostengono): donare il proprio seme per le donne che ne hanno bisogno. Se si entra in uno di questi gruppi – come testimoniato anche su un’inchiesta de L’Espresso – si torva una vera e propria banca del seme fai-da-te. La situazione, dicono, è controllata: l’uomo che si offre come donatore presenta un test dell’HIV e uno spermiogramma, anche se la maggioranza di queste persone usa uno pseudonimo (per ovvi motivi familiari, la maggior parte sono sposati) ed è dunque difficilmente controllabile la veridicità della documentazione.
La maggior parte dei donatori sostiene – volendo giustamente – che il metodo migliore per l’inseminazione è quello ‘naturale’: se si inietta il liquido, si rischia che a contatto con luce e aria si perda la maggior parte della ‘potenza’ fecondante. Senza troppi giri di parole: si tratta di fare sesso con uno sconosciuto per sperare di rimanere incinta. A quanto pare sono già molte le donne che hanno scelto questa strada.

Ma perché in Italia non esistono donatori ‘ufficiali’? Come si diceva un tempo, una domanda nasce spontanea: perché in Italia il numero di donatori ‘ufficiali’ e controllati è così basso? Siamo un paese più che cristiano si direbbe ‘bigotto’: la burocrazia è schizofrenica, da un lato la politica fa grandi annunci intorno alla novità della fecondazione eterologa in Italia, dall’altro i paletti sono talmente tanti, anche per i donatori, da rendere il loro numero davvero molto esiguo. In Spagna, ad esempio, un donatore riceve 30 euro, una donatrice 800 euro come rimborso spese. In Italia, invece, non si ha diritto a nulla e così gli ospedali sono costretti a importare i gameti dall’estero. Questo il motivo dei costi elevatissimi e della scarsità di centri. Una legislazione più comoda e alla portata, più agile e certa, renderebbe il tutto più semplice, senza che una donna, pur di avere un figlio.

articolo di Carlo Pallavicini

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