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Fecondazione assistita, come funziona in Italia?

Sempre più spesso per fare figli si ricorre alla procreazione medicalmente assistita (pma). Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, una persona su sei nel corso della vita incontra problemi di fertilità, cioè l’assenza di concepimento dopo 12 mesi di regolari rapporti sessuali mirati non protetti. Il fatto che l’età media al primo figlio stia slittando sempre più in avanti non aiuta, in quanto il concepimento è “age-sensitive”: con l’età le chance di gravidanza diminuiscono.

In Italia, secondo le rilevazioni del ministero della Salute, un po’ più di 86mila coppie si sono rivolte alla medicina riproduttiva nel corso del 2021 (l’anno più recente per il quale sono disponibili dati), effettuando un totale di 108mila cicli. Questi numeri sommano tutti i tipi di pma, sia di I° livello (inseminazione) sia di II° e III° livello (fecondazione in vitro), e considerano sia gli embrioni creati con gameti della coppia sia quelli con gameti donati (cioè con lo sperma e/o gli ovuli di donatori).

Nel 2021 in Italia sono state ottenute circa 23.400 gravidanze grazie alla pma, e almeno 16.625 (“almeno” perché di alcuni percorsi si perde traccia) sono stati i bambini nati vivi. Si tratta del 4,2% del totale di bambini nati in Italia in quell’anno (poco più di 400mila). La percentuale di parti conseguenti a procedure di pma aumenta al crescere dell’età della madre: se si prendono in considerazione solo quelle con più di 40 anni, è pari al 18%.

Cosa prevede la legge

La normativa italiana sulla pma, la legge 40/2004, è particolarmente restrittiva e ha reso e rende difficile a molti l’accesso. In particolare, originariamente questa legge proibiva la diagnosi pre-impianto, anche per persone con malattie genetiche; imponeva ai medici di creare un massimo di tre embrioni e di trasferirli tutti contemporaneamente, senza possibilità di congelare (crioconservare) quelli in sovrannumero; e proibiva la fecondazione eterologa, cioè di utilizzare gameti di donatori.

Oggi, grazie a diverse sentenze della Corte costituzionale italiana che hanno dichiarato nulli alcuni dei passaggi più restrittivi della legge 40, è consentita anche in Italia la pma eterologa; è caduto l’obbligo di produrre solo tre embrioni e trasferirli tutti obbligatoriamente, e quindi è ora il medico a decidere di volta in volta quanti embrioni sia opportuno trasferire in utero (nella maggior parte dei casi, solo uno per effetto della diffusione del protocollo del “single embryo transfer”); è consentita la diagnosi pre-impianto, per evitare di utilizzare embrioni portatori di malattie; si possono crioconservare gli embrioni sovrannumerari, il che permette, in caso un ciclo di pma non vada a buon fine, di effettuarne uno successivo senza che la paziente sia costretta a sottoporsi daccapo a stimolazioni ovariche e al prelievo di ovociti.

Tuttora la legge 40 contiene però alcuni divieti significativi, riservando la pma alle coppie eterosessuali stabili (“coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”) ed escludendo tutte le persone single e omosessuali.

Inoltre, la legge vieta che chi dona i gameti possa ricevere una remunerazione, come invece avviene in molti altri Paesi; e impone che gli embrioni siano mantenuti crioconservati a tempo indeterminato, senza possibilità di donazione, utilizzo per ricerca, o distruzione.

La fonte più autorevole per avere informazioni è l’Istituto Superiore di Sanità, che attraverso il “Registro nazionale procreazione medicalmente assistita” raccoglie e pubblica periodicamente i dati sulla pma in Italia. Al momento in cui si scrive questo articolo (aprile 2024) gli ultimi dati disponibili sono quelli del 17° Report, relativi al 2021.

Sul sito del Registro nazionale della Pma si trova l’elenco dei centri attivi in Italia (https://www.iss.it/rpma-centri-italiani), le informazioni sulle attività di ricerca, una sezione con consigli sulla protezione della fertilità (https://www.iss.it/rpma-proteggere-la-fertilita), una directory con i riferimenti delle associazioni e società scientifiche attive sul tema pma, documenti utili come un glossario dei termini medici più utilizzati nella medicina riproduttiva, una serie di “FAQ”, e i riferimenti alla normativa.

I centri medici

Il ministero della Salute italiano censisce 340 centri medici che si occupano di infertilità, di cui 100 pubblici, 19 privati convenzionati e 221 privati. Il 40% di questi centri è autorizzato a svolgere solo attività di I° livello. Sono invece 202 i centri autorizzati a svolgere attività di II e III° livello, quindi FIVET, ICSI, FER e FO. Con queste sigle si intendono specifiche tecniche di fecondazione assistita: “FIV-ET” è la parola più conosciuta per indicare la fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione, e deriva dall’unione delle iniziali delle sigle in italiano “Fertilizzazione In Vitro” e in inglese “Embryo Transfer”. ICSI sta per “Intra-Cytoplasmic Sperm Injection”, una tecnica di inseminazione in vitro. FER e FO sono invece tecniche di scongelamento di embrioni e di ovociti: FER sta per “Frozen Embryo Replacement” e indica il trasferimento di embrioni crioconservati, mentre FO sta per “Frozen Oocyte” e indica il trasferimento di embrioni ottenuti da ovociti crioconservati.

La distinzione tra livelli dipende dal luogo di incontro tra i gameti maschili (spermatozoi) e femminili (ovociti). Nelle tecniche di I° livello i gameti si incontrano nell’utero, e quindi si parla di “inseminazione”. Nelle tecniche di II° e III° livello l’incontro avviene al di fuori del corpo della donna, e quindi si parla di “in vitro” – termine scientifico che indica processi biologici che si fanno avvenire dentro una provetta o altri recipienti di vetro. In questi casi l’embrione infatti viene formato e effettua le primissime fasi di sviluppo in laboratorio, e si procede poi con il trasferimento in utero.

Quanti bambini nascono in Italia grazie alla pma

Nel 2021 in Italia poco più di 10mila coppie si sono rivolte a centri di I° livello, con un risultato di 1.295 bambini nati vivi. L’età media delle pazienti trattate era di 34,9 anni.

Inoltre, i centri autorizzati a svolgere attività di II° e III° livello hanno aiutato nel 2021 oltre 41mila coppie con procedure di FIVET e ICSI con gameti della coppia, avviando un po’ più di 50mila cicli di trattamento, ottenendo oltre 7mila gravidanze e 5.156 bambini nati vivi. In questo caso, l’età media delle pazienti trattate era un po’ più avanzata: 36,8 anni.

Infine, quasi 35mila coppie hanno percorso la strada della fecondazione assistita con tecniche di scongelamento di embrioni e gameti (ovviamente sempre in centri di II° e III° livello). Qui si sono registrati quasi 29mila cicli iniziati con gameti della coppia, oltre 9.500 gravidanze ottenute e un risultato di 6.566 bambini nati; e 13.500 cicli iniziati con gameti donati, quasi 5mila gravidanze ottenute e 3.608 nati.

Le regole

Come accennato, in Italia la pma è riservata alle coppie eterosessuali. Essendo l’Italia un Paese in cui la sanità viene normata e gestita dalle singole Regioni (ovviamente nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato), vi sono delle differenze tra Regione e Regione rispetto ai servizi disponibili e alla regolamentazione dell’accesso a questi servizi da parte dei cittadini.

Rispetto all’età, la normativa stabilisce solo per la donna un limite, che coincide con quello convenzionalmente considerato il termine dell’età fertile, cioè l’età media a cui sopraggiunge la menopausa. Il limite generale, cui si devono attenere tutti i centri privati, è quindi 50 anni per le donne. Per gli uomini non c’è invece un’età massima.

Il limite è più stretto se ci si rivolge a strutture pubbliche o private convenzionate, e varia da Regione a Regione, solitamente dai 43 ai 46 anni, in alcuni casi fino a 50 anni.

Per quanto riguarda il numero dei tentativi possibili, nei centri privati non c’è un massimo; una stessa coppia può, pagando, effettuare anche molti cicli. Nel sistema pubblico invece vi è un limite ai tentativi disponibili, che solitamente è pari a tre o quattro cicli.

Il servizio sanitario nazionale copre il costo di alcuni farmaci, che rappresentano un fattore rilevante nel calcolo della spesa quando si intraprende un percorso di pma; ma solitamente solo fino ai 45 anni.

Come funziona in pratica

In Italia oggi, durante una procedura di pma, ogni medico ha la facoltà di stabilire il numero necessario di ovociti da prelevare (solitamente, il più possibile), fecondare e trasferire, in base alle linee guida delle società scientifiche italiane e alle condizioni di salute della donna; può anche scegliere, come visto, di crioconservare gli ovociti e gli embrioni fecondati sovrannumerari.

La pma è accessibile in Italia anche a coppie siero-discordanti per HIV o positivi HbsAg e HCV (epatite B ed epatite C), ma solo in alcuni centri che dichiarano di fornire questo servizio.

I trattamenti di ringiovanimento delle ovaie sono accessibili quasi esclusivamente nell’ambito dei centri privati; in alcune strutture pubbliche sono stati resi disponibili, in via sperimentale, a partire dal 2021.

Fecondazione eterologa Italia

La fecondazione eterologa è stata vietata, in Italia, tra il 2004 e il 2014. Ora è di nuovo possibile, e in effetti circa un trattamento di pma su otto tra quelli effettuati ogni anno in Italia si svolge con gameti donati. Nella maggior parte dei casi (oltre tre quarti) il gamete donato è quello femminile (ovocita). C’è poi un 15% di casi in cui il gamete donato è quello maschile (spermatozoi contenuti nel seme maschile), e una piccola casistica, pari a circa il 7%, in cui entrambi i gameti sono donati.

Si parla sempre di “donazione”, in Italia, perché ricevere un compenso per i gameti messi a disposizione delle banche del seme o degli ovociti è vietato dalla legge. La donazione è infatti un atto volontario, solidale e altruistico e gratuito, senza remunerazione economica.

Per limitare il rischio di richieste di un “bambino su misura”, e le possibili derive “eugenetiche”, in Italia non è possibile per chi si sottopone a pma utilizzando ovociti e/o spermatozoi donati scegliere le caratteristiche fenotipiche del donatore – peso e altezza, costituzione, colore degli occhi e dei capelli, tipo di capelli, carnagione. I medici che abbinano i gameti donati alle coppie devono però assicurare la compatibilità del gruppo sanguigno e delle principali caratteristiche fenotipiche, in modo che l’eventuale figlio nato da fecondazione eterologa assomigli il più possibile alla coppia ricevente.

Per ora, in Italia il diritto di ogni persona di conoscere le sue origini biologiche è limitato a chi sia stato adottato (la legge prevede che, a partire dai 25 anni, si possa attivare una procedura giudiziaria per risalire alle proprie origini; a patto, però, che i genitori biologici accettino di rivelare la loro identità). Tale diritto non è però esteso, in Italia, alle persone nate da pma, con gameti di donatori.

Pma con ovodonazione, con donazione di seme, con doppia donazione

In Italia, la disponibilità di gameti provenienti da donatori italiani è minima: la quasi totalità degli ovociti (99,8%) e del seme (quasi il 94%) utilizzati nei centri di pma proviene da banche estere.

Circa 3mila bambini sono nati in Italia, nel 2021, a seguito di una procedura eterologa che prevedeva l’utilizzo di ovociti donati (e seme del partner), nella maggioranza dei casi (oltre il 43%) perché la donna era in età avanzata. Le altre due casistiche più frequenti sono quelle di donne che avevano già provato una o più fecondazioni omologhe senza successo, e per le quali i medici avevano rilevato una ridotta riserva ovarica (quasi 33%), oppure ovociti e/o embrioni di scarsa qualità (17%).

Nei casi di pma eterologa in cui si utilizza sperma donato (e ovocita del partner), il motivo principale è una “dimostrata infertilità da fattore maschile severo”, il che vuol dire che gli uomini soffrivano di oligozoospermia severa (una eiaculazione con una concentrazione di spermatozoi troppo bassa nel liquido seminale) o di azoospermia (una totale mancanza di spermatozoi nel liquido seminale). Le coppie che in Italia si sono sottoposte a questo tipo di pma sono state poco più di 1.700 nel 2021, con un risultato di 536 gravidanze e almeno 387 bambini nati vivi.

C’è una piccola casistica di pma di I° livello in cui si utilizza seme donato in procedure di inseminazione semplice (IUI). Nel 2021 questa opzione ha riguardato un po’ meno di 500 coppie, portando a 130 gravidanze e alla nascita di almeno 111 bambini.

Ci sono infine i casi in cui è necessaria una doppia donazione, ovociti e seme. Nel 2021 in Italia hanno riguardato circa 800 coppie, con 910 cicli iniziati, 355 gravidanze ottenute, e almeno 262 bambini nati vivi. Anche in questo caso la maggior parte delle coppie vi ha fatto ricorso perché in avanzata età riproduttiva (42,5%) o per ridotta riserva ovarica (35,2%) della donna; e perché quasi tutti i partner maschili (quasi il 90%) soffrivano di una infertilità severa.

I Paesi da cui proviene la maggior parte dei gameti donati, sia maschili sia femminili, sono la Spagna e la Grecia, ma anche la Danimarca e la Repubblica Ceca.

Chi può donare i gameti, e come

In Italia possono donare i propri gameti gli uomini tra i 18 e i 40 anni, e le donne tra i 20 e i 35 anni, in buona salute fisica e psichica, e che possano attestare di non avere anomalie genetiche familiari note (il che esclude dal novero dei donatori chiunque sia stato adottato o non conosca uno dei suoi genitori). Le cellule riproduttive di un medesimo donatore non possono determinare più di dieci nascite; in caso sia una donna a donare gli ovociti, non può essere sottoposta a più di sei stimolazioni ovariche.

La donazione è anonima; i donatori non hanno il diritto di conoscere l’identità dei bambini nati dalle procedure di pma in cui sono stati utilizzati i loro gameti, e i bambini non potranno conoscere l’identità del donatore. Ovviamente il donatore non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con questi bambini, e non può far valere nei loro confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi. Inoltre ogni persona che dona ha il diritto di revocare, in qualsiasi momento e senza dover pagare penali, il consenso all’impiego dei suoi gameti.

Impianto di embrioni altrui vietato

In Italia non è possibile la cosiddetta “embriodonazione” o “embrioadozione”, cioè l’utilizzo in una procedura di pma di un embrione altrui già formato, congelato, che la persona o coppia “proprietaria” abbia scelto di non utilizzare. La legge prevede che gli embrioni sovrannumerari non siano a disposizione dei loro “proprietari”, e che non sia possibile cederli ad altri, donarli alla ricerca scientifica o farli distruggere. Gli embrioni che una coppia non utilizza, in Italia, devono per legge restare congelati per sempre.

Gestazione per altri vietata

La gravidanza surrogata, cioè la situazione in cui una donna effettua una gestazione per un’altra persona o coppia, è illegale in Italia. La legge 40/2004 prescrive: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».

Le ragioni politiche risiedono nel timore che tale pratica mascheri sempre e comunque una situazione di sfruttamento e commercializzazione del corpo femminile e che essa sia incompatibile con il principio che un neonato è figlio della donna che lo partorisce. Vi è poi da alcune parti politiche un rigetto delle famiglie “non tradizionali”, cioè differenti dalla classica struttura composta da due genitori di sesso diverso. L’opzione della gestazione per altri (“gpa”) viene spesso associata alle coppie gay che desiderano figli, dato che in Italia alle coppie Lgbtqia+ sono vietati sia il matrimonio sia l’adozione; anche se in realtà i dati dimostrano che sono in maggioranza coppie eterosessuali a ricorrervi.

Quanto costa la pma in Italia

I costi della procreazione medicamente assistita non sono monitorati in Italia: i report annuali del ministero della Salute sulle attività dei centri di pma non menzionano mai questo aspetto.

Le tecniche di pma dal 2017 sono state inserite nei livelli essenziali di assistenza (LEA), cioè quelle prestazioni e quei servizi che il servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (il “ticket”). Ma solo nel 2023 è arrivata l’approvazione del “Decreto Tariffe”; e queste tariffe non sono peraltro ancora entrate in vigore (l’entrata in vigore al momento risulta prorogata al gennaio 2025).

I costi delle prestazioni allo stato attuale variano da Regione a Regione, e salgono se dai centri pubblici ci si sposta a quelli privati. Secondo la Sigo, la Società italiana di ginecologia e ostetricia, nel privato si pagano dai 3.500 a 6-7.000 euro per una fecondazione omologa e dai 5mila ai 9mila euro per una eterologa.

Per dare un’idea, in Toscana la procreazione medicalmente assistita in centri pubblici o convenzionati con il pubblico ha un ticket (cioè il costo a carico del paziente) di 100 euro per prestazioni di pma di I° livello, con o senza donazione di gameti, e di 500 euro per prestazioni di II° e III° livello, con o senza donazione.

Ovviamente è il servizio sanitario a farsi carico della differenza: nella sua tabella ufficiale la Regione Toscana indica per esempio che una procedura di fecondazione in vitro con o senza inseminazione intracitoplasmatica ha un costo di 1.826 euro; una fecondazione in vitro con inseminazione intracitoplasmatica e prelievo microchirurgico degli spermatozoi ha un costo di 2.549 euro; una fecondazione in vitro da donazione di gameti maschili costa 1.919 cui vanno sommati i 400 euro per il reperimento dei gameti da banche del seme; mentre una fecondazione in vitro da donazione di gameti femminili viene a costare 1.133 euro più i 2.800 euro per il reperimento dei gameti da banche degli ovociti. (In alcuni degli esempi citati è già incluso nella tariffa il monitoraggio dell’ovulazione).

Il fatto che i tariffari delle varie Regioni siano differenti comporta a volte difficoltà per i pazienti nell’effettuare le procedure di pma in regime pubblico in una Regione diversa da quella di residenza.

Diagnosi pre-impianto

Le tecniche di diagnosi pre-impianto (in inglese si usano i due termini “PGD”, Pre-implantation genetic diagnosis, e “PGT-A / PGS”, Preimplantation Genetic Testing) permettono di individuare eventuali anomalie cromosomiche o patologie genetiche nei gameti (ovociti e spermatozoi) e negli embrioni. Le principali tipologie di diagnosi pre-impianto sono quella mirate a individuare malattie monogeniche (PGT-M) o patologie genetiche ereditarie (PGT-SR), e quelle che indagano anomalie cromosomiche (PGT-A).

Il primo tipo mira a ricercare una specifica patologia già nota agli aspiranti genitori, perché uno o entrambi ne sono affetti o portatori (es. fibrosi cistica, emofilia, malattia di Huntington, distrofia muscolare, osteogenesi imperfetta, retinite pigmentosa, distrofia miotonica…) o perché vi sono casi in famiglia. Il secondo tipo analizza l’assetto cromosomico degli embrioni e individua eventuali anomalie nel numero di cromosomi, permettendo dunque di scovare in anticipo embrioni con sindrome di Down (la cosiddetta “trisomia 21”), sindrome di Edwards (“trisomia 18”), sindrome di Patau (“trisomia 13”), sindrome di Turner e così via.

Come già accennato, è stata per alcuni anni vietata in Italia la diagnosi pre-impianto, creando un cortocircuito crudele: le coppie che si rivolgevano alla pma dovevano accettare il rischio di un trasferimento di embrioni “alla cieca”, salvo poi poter ricorrere, in caso di scoperta di una patologia nel feto, all’interruzione volontaria di gravidanza. Una perversione criticata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2012 e finalmente fermata da una sentenza della Corte costituzionale italiana nel 2015.

Ora la diagnosi pre-impianto è possibile, anche se ne resta vietato ogni utilizzo orientato a finalità eugenetiche. Il che vuol dire che durante una procedura di pma si può effettuare una selezione preventiva degli embrioni non per scegliere quelli con particolari caratteristiche biotipiche (i famosi occhi azzurri) ma per poter evitare di impiantare in utero embrioni con malattie genetiche.

Turismo procreativo

In passato erano numerose le persone che dall’Italia andavano all’estero per effettuare procedure di pma. Ora, grazie all’annullamento di alcuni divieti contenuti nella legge 40 (che è comunque tuttora in vigore), molte pratiche sono di nuovo disponibili, e la spinta al turismo procreativo si è smorzata. Ma l’accesso alla pma è ancora vietato, in Italia, alle donne lesbiche e single, che quindi non possono che rivolgersi a centri all’estero se desiderano un figlio. Così come chi desidera accedere all’embriodonazione o alla gestazione per altri.

Si calcola che siano ancora migliaia ogni anno le persone residenti in Italia che vanno all’estero per la pma.

Congelare gli ovuli per il futuro

The Why Wait Agenda con il quotidiano Domani ha pubblicato nel 2023 dati inediti dell’Istituto Superiore di Sanità che tratteggiano la situazione della crioconservazione degli ovuli delle donne italiane. Risulta che siano state meno di mille in totale, tra il 2015 e il 2020, le donne che hanno scelto il cosiddetto “social freezing”, cioè il congelamento volontario di ovuli effettuato in un momento in cui si è in salute, non si desidera un figlio e non si sta facendo un percorso di pma: nel 2020, per esempio, solo 147.

A queste vanno aggiunte le donne che hanno congelato gli ovuli prima di sottoporsi a chemioterapia (3.646 donne nel decennio 2010-2020, quindi più o meno 350 all’anno); e infine le donne che si ritrovano con ovuli congelati a seguito di procedure di pma: l’Istituto superiore di sanità ipotizza che tra il 2005 e il 2020 questa fattispecie abbia riguardato 40mila donne (2.600 all’anno).

Il congelamento dei gameti in giovane età è, specialmente (ma non solo) per le donne, una sorta di “assicurazione sulla fertilità”. Tale opzione è però ancora troppo poco conosciuta e troppo costosa: una campagna informativa, unitamente a una copertura almeno parziale dei costi da parte dello Stato, è fortemente auspicata da molti rappresentanti del mondo medico scientifico che si occupano di fertilità.

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