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Fare un figlio, missione ‘impossibile’: “Dopo i 44 anni serve l’eterologa, ma in Italia non ci sono donatrici”

A partire dai 38 anni il livello di fertilità cala, fino a crollare negli anni successivi. L’esperta: “Molte donne tentano un ciclo con i propri ovociti, prima di ricorrere alla donazione”. Ma nel nostro paese è difficile

di ELVIRA NASELLI

LISBONA – Sempre più avanti negli anni, senza immaginare che quando poi si è pronte ad avere un bambino, perché si ha un lavoro o un rapporto stabile, una casa o semplicemente la serenità necessaria, non è più così facile restare incinta. È lo scoramento che colpisce, racconta Marta Devesa, dell’Hospital universitario Quiron-Dexeus di Barcellona, il non riuscire ad accettare l’idea di essere troppo vecchie per poter avere un bambino. Almeno non con i propri ovociti.

“A partire dai 38 anni il livello di fertilità cala significativamente – spiega la Devesa alla trentunesima edizione del congresso Eshre, la società europea di riproduzione umana ed embriologia, in corso a Lisbona – eppure solo nella nostra clinica oltre la metà delle donne che si sottopone a fertilizzazione in vitro ha più di 38 anni”. E cita i risultati di una analisi retrospettiva condotta alla Dexeus clinic di Barcellona durata dodici anni (dal 2000 al 2012) su 5841 cicli e 4195 donne.

38-39 anni la percentuale di nascite complessiva, sia da cicli su fresco che da embrioni congelati, è stata del 23,6 per cento, a 40-41 anni era scesa al 15, a 42-43 al 6,6 per cento. Per crollare all’1,3 cento a 44 anni. A questa età, e ovviamente a maggior ragione dopo, le percentuali di una gravidanza sono infinitamente basse. “Direi aneddotiche piuttosto – precisa Andrea Borini, presidente Sifes, la società italiana di fertilità e sterilità e medicina della riproduzione –  ma nello stesso tempo, poiché non abbiamo lo zero per cento, visto che qualche gravidanza c’è, dobbiamo cercare di far accettare ad una donna l’idea che non può essere lei la madre biologica e deve ricorrere ad una donazione. È come dire ad un runner che si allena per fare la maratona che non ha alcuna speranza di arrivare a fine gara. É difficile, questo sì, ma non impossibile. E infatti quasi tutte preferiscono accettare una sconfitta, e tentare un ciclo con i propri ovociti, prima di ricorrere alla donazione, privilegiando l’appartenenza biologica. Se poi non va bene è più facile accettare l’ovodonazione. Qualche donna prova anche subito, perché magari può permettersi economicamente un solo tentativo e cerca di ottimizzare le sue chance. Ma di ovociti in Italia non se ne trovano facilmente”.

In Spagna previsto un rimborso. In Spagna, il paese in Europa con maggior numero di donazione di ovociti, è previsto un rimborso spese di circa mille euro. Che non è neppure molto, se si considera che donare ovociti non è una sciocchezza: la donna si deve sottoporre a stimolazione con gonadotropine per quattordici giorni e poi il prelievo viene fatto con anestesia in sedazione profonda. Insomma, non proprio una passeggiata.

Missione impossibile in Italia. In Italia non è previsto alcun tipo di rimborso e infatti donatrici non ce ne sono. Gli ospedali o i centri privati sono dunque costretti ad acquistarli all’estero, dove il costo medio di un solo ovocita – nelle banche specializzate, soprattutto spagnole – si aggira sui 500 euro. Oppure ad indire bandi per l’acquisto a livello regionale. Quindi, in sostanza, non si paga un rimborso di un migliaio di euro alle donatrici, che per ogni prelievo potrebbero fornire fino a venti ovociti, perché si equipara a commercio di gameti, ma si accetta di spenderne cinquecento per comprarne solo uno.

Cosa poi non fatta da tutti, perché soprattutto alcuni centri privati, temendo che questa prassi possa essere non del tutto legale, preferiscono evitare l’import di ovociti. Le coppie continuano così ad andare all’estero. Oppure sono le cliniche straniere ad aprire in Italia (una di Barcellona sta per cominciare ad operare a Modena) offrendo “il maggior programma di donazione di ovociti in Europa, nessuna lista di attesa e massima compatibilità tra donatrice e ricevente”.

Molte italiane a Barcellona. “Da noi gli italiani continuano ad essere molti – conferma Marta Devesa – soprattutto le coppie in cui la donna ha più di 38 anni e ha bisogno di donazione di ovociti, che in Spagna non mancano, tanto che nel 2012 sono stati fatti 7000 cicli, seicento nella nostra clinica. Gli ovociti sono donati soprattutto da studentesse universitarie, noi li accettiamo da donne fino a 35 anni ma la media dell’età delle donatrici è di 25. Per quanto riguarda invece le donne che cercano una gravidanza tutte, sempre, vogliono provare una volta con i loro ovociti, anche se noi le scoraggiamo fortemente e se è quasi sicuro che vanno incontro a fallimento. Bisognerebbe far passare il messaggio di fare i figli prima, o anche di congelare gli ovociti prima dei 35 anni. Invece nella nostra società è passato il messaggio opposto, che tutto è possibile. E certamente non aiutano le gravidanze in età avanzata delle star…”.

fonte: La Repubblica.it http://www.repubblica.it/salute/benessere-donna/fertilita-e-infertilita/2015/06/16/news/gravidanza-116999522/